Itinerario n.16 – Fiume Secchia

Scendiamo nel greto del Secchia all’altezza di Tressano, alla vana ricerca di quel fronte che un tempo consentiva il transito fra le due sponde e presso cui esisteva nel 1318 una chiesa, e ci dirigiamo verso Castellarano.
Camminando nel greto, vediamo che per l’eccessiva escavazione il deposito ghiaioso si è molto abbassato e con esso le falde acquifere già depauperate anche dalle esigenze delle attività produttive, annoso problema per la cui soluzione è stata costruita la traversa di Campiano al fine di recuperare per usi multipli le acque fluviali. Ci rendiamo inoltre conto della poca distanza che intercorre tra Castellarano e la sua ex frazione S.Michele, collegati nel XVI° secolo da un sistema di trasporto con barche: forse non sono casuali le vie “Barcaioli” e “Barcaroli” presenti nel centro storico do Castellarano.
Questo tratto della sponda sinistra, da Tressano a Castellarano,si presterebbe alla creazione di una oasi naturalistica-fluviale, polmone vitale per il comprensorio delle ceramiche.
Superata la traversa, si arriva al bel santuario di Campiano (Vedi itinerario n. 1): ne approfittiamo per dissetarci alla fontanella presente nel Sagrato e riposarci all’ombra dei cipressi e tigli che compongono il piccolo ma elegante “parco delle rimembranze”.
Poco a monte del santuario ha inizio il canale del Secchia. Queste acque sono state contese per secoli tra Reggio e Modena, essendo vitali per entrambi le città, tanto che nel 1202 dovette intervenire il podestà di Cremona per creare un accordo. Davanti a noi la strettoia del Pescale sul cui terrazzo sono state riportate alla luce peculiarità archeologiche tali da indurre gli studiosi a parlare di una “cultura del pescale”.
Siamo ormai nelle suggestive gole della Cavriana, opera della paziente erosione secolare del fiume: con un certo timore vi si inoltravano i viandanti nel medioevo memori della leggenda sulla “porta del diavolo” ancora visibile sulla sponda destra ma l’animo si sollevava quando superate le colonne di flisch (roccia di 100 milioni di anni), segnavano la fine delle gole, l’occhio poteva finalmente spaziare sulla fertile piana di Roteglia (di origine alluvionale). Della folta vegetazione che sottolineava il percorso sinuoso del fiume non restavano che tracce e toponimi come “Casa Pioppa”, presso cui è ancora  visibile l’antico ponte sul rio pioppo.
Gli ordinati e generosi filari di viti hanno ora ceduto il passo al complesso industriale.
Si supera la foce del Rio Argontello del rio S.Maria: a poca distanza sorge l’antico mulino riportato sulla carta idrografica Estense ed alimentato dalle acque del secchia fatte giungere con un canale di derivazione. Proseguendo verso la sorgente, incontriamo la foce  del Rio Roteglia, presso cui esisteva una vena di acque tiepida (le caldane) sfruttata dagli abitanti per risciacquare i grossi bucati fatti con la cenere ed il ranno.
Se noi percorriamo questo itinerario in una bella domenica di primavera inoltrata (periodo ideale) saremo a questo punto richiamati dal colorito vociare dei giocatori di ruzzola impegnati tra i treppi: chi sopravviverà alle ruzzole vaganti non rimpiangerà l’appetitosa ospitalità!