Itinerario n.1 – Veggia, Tressano, Castellarano, Roteglia

Entriamo nel comune di Castellarano imboccando la statale 486 allo svincolo di Veggia. Dopo pochi metri giriamo a destra per via Covetta e saliamo alla Piana del Farneto, un naturale terrazzo da cui osservare Sassuolo, al nostri piedi, e la Ghirlandina nei giorni sereni. E’ una piana alluvionale, che si prolunga, tramite il Caffarello, fino a casa Minoni, costellata da isolate abitazioni agricole di un certo interesse tipologico (Farneto di sotto, La Vigna, Farneto di sopra).
Ritornati sulla statale, attraversiamo Ca’ de Fii e Tressano, ultima nata fra le frazioni comunali (1973), e arriviamo a Castellarano, Capoluogo.
All’inizio di Castellarano, sulla sinistra, troviamo stabilimenti ceramici e strutture commerciali ed artigianali, sulla destra, posto in alto il Villaggio residenziale “Don Reverberi”, dopo di che si arriva al centro del paese, in Piazza XX luglio, al fondo della quale si erge la Rocchetta, che immette nel borgo medioevale. Il complesso del borgo, al quale si accede oltre che dalla Rocchetta, anche da via Roma, da via Torre e da via Migliorini, sorge su un colle prospicente il fiume Secchia.
La Rocchetta: un fortilizio munito di tre porte con saracinesche, una torre centrale e due laterali. All’esterno esisteva un ampio fossato transitabile un tempo con ponte levatoio, poi con ponte in muratura. Al suo interno troviamo piazzale Cairoli, un tempo “Piazza d’armi”, sull’arco della porta est che immette in via Gatti, é ancora visibile lo stemma dei marchesi di S.Martino. Costeggiando la cinta muraria del castello saliamo l’irta via Torre, dal tipico ciotolato di fiume, e giungiamo nell’Aia del Mandorlo.
Sulla nostra sinistra la Rocca, da secoli epicentro storico urbanistico di Castellarano: Castello Matildico, di cui si parla per la prima volta in un documento del 968 col nome di “Castrum Alarianum”. Ebbe svariati passaggi di proprietà: da Matilde a Raniero, Conte di Castellarano, al Comune di Reggio, ai Signori da Roteglia, a Jacopo Giglioli, a Lorenzo Strozzi, a Sigismondo d’Este, ecc., fino agli attuali proprietari signori Casali. Ebbe distruzioni e rifacimenti (1257 – 1558).
Nel luglio del 1944 subì l’ultima rappresaglia da parte delle truppe tedesche. Ristrutturato negli anni ’70, può essere ora ammirato in tutta la sua maschia eleganza assieme alla torre merlata, mozza. Di fronte, la Torre dell’Orologio recentemente restaurata. Dopo aver vigilato per secoli sul transito di uomini e merci lungo il greto del fiume Secchia, che originariamente lambiva le mura di cinta, ed essere divenuta forse la tomba di alcuni componenti della famiglia Pico, emuli involontari del conte Ugolino. A destra l’abside della parrocchia con le sue sovrapposizioni stilistiche.
Proseguiamo per via Toschi, la strada principale del centro storico, e su cui si affacciano una serie di case del XVII e XVIII secolo dalla interessante tipologia e disposte quasi a ventaglio in rapporto alla facciata di S.Maria Assunta, la Chiesa plebana della quale vi è una prima menzione in un documento del Vescovo Adelardo nel 944. Le sue vicende sono strettamente legate a quelle del Castello e come Pieve svolse nei secoli passati un ruolo di primaria importanza fra le Chiese della valle del Secchia. In origine era un’ampia basilica romanica a tre navate, con cripta. Ora, dopo svariati rifacimenti, è ad una sola navata a forma di croce, con cupola e presbiterio rialzato. Sul fondo del coro e agli altari laterali si possono ammirare belle tele ad olio raffiguranti vari Santi, tele di autori ignoti ma databili fra la fine del 1600 e l’inizio del 1700.
Proseguiamo lungo via Toschi ed ammiriamo la struttura del XVIII secolo dell’attuale Casa della Carità, ma soprattutto casa Barbanti, con corte e serraglio. Ne seguiamo il muro di cinta e svoltiamo a destra per via Bindi, attraversiamo piazza S.Prospero e ci dirigiamo, non tralasciando uno sguardo per l’ex-chiesa che da il nome al rione, verso il Monte di Pietà.
Istituito nel 1620 circa, i fondi raccolti tra la popolazione della vallata venivano poi distribuiti ai bisognosi trattenendo “in pegno” oggetti di un qualche valore. Sopravvissuto con alterne fortune ha terminato la naturale esistenza con la nascita della assistenza pubblica.
Scendiamo la splendida scalinata di via del Monte e ci ritroviamo al punto di partenza. Risaliamo al borgo superiore percorrendo questa volta via Gatti, dedicata all’illustre concittadino (ministro), incrociamo via Toschi ed iniziamo a scendere da via Migliorini osservando con attenzione l’acquedotto ad uso romano fatto costruire dal marchese Carlo Filiberto II, per portare acqua dal monte alle svariate fontane del castello, abbellito verso gli anni 1740-45.
Infine si segnalano, la vicina Chiesa di Santa Croce, iniziata nel 1645, ultimata nel 1682. Santa croce, chiusa al culto nel 1851, passò al Comune nel 1920 e, nel 1926, restaurata, divenne ed è tuttora monumento al caduti; e il vicino palazzo Municipale in stile neomedioevale costruito nel 1923, all’interno del quale è custodito l’affresco medioevale raffigurante S.Pancrazio, asportato dalla rocchetta.
Proseguendo per via Roma diretti in Piazza XX luglio possiamo cogliere le ultime peculiarità e sintetizzare visivamente questo centro, uno dei più suggestivi e meglio conservati, fra i borghi antichi della nostra provincia nel quale, ogni anno, a settembre, si svolgere la famosa “Festa provinciale dell’uva”.
Proseguendo, in direzione di Roteglia, involontariamente entriamo nella zona archeologica più rilevante del comune. I reperti, alcuni recentissimi, di epoca romana e longobarda lasciano trasparire una certa notorietà e prestigio di questo centro anche durante i secoli meno documentati. In Campiano sono state poi ritrovate le più antiche tracce umane risalenti al mesolitico (6-8.000 a.c. circa). Proseguendo troviamo il Santuario della Beata Vergine della neve di Campiano. La costruzione del santuario fu iniziata nel 1734-35 su disegno dell’arch. modenese Massari, detto il Padovano, mentre il campanile è del 1893. Già prima del 1540 vi esisteva una cappelletta in cui veniva venerata una immagine della B.V. dipinta su sasso. La chiesa è in stile dorico-romanico ad una sola navata con tre altari. E’ meta di frequenti pellegrinaggi da parte delle popolazioni della valle del Secchia.
Da Campiano ci dirigiamo verso Roteglia passando dalla Capriana, dove esisteva anticamente un paese. Sulla sponda opposta, dal greto del fiume bruscamente spicca la roccia del pescale, la più importante sede archeologica della zona. Poco prima del Rio Pioppa, che separa Roteglia da Castellarano, troviamo sulla sinistra un’abitazione ora ristrutturata, che tradisce una nobiltà antica, “Il Palazzo“. Già nominato nel XIV secolo, risulterebbe da un manoscritto essere la casa natale del cardinale Toschi.
Siamo a Roteglia, il nome del paese deriva dai signori che lo tennero per parecchio tempo in feudo: i da Roteglia, dei quali si ha notizia fin dal secolo XI. Il feudo ebbe svariati passaggi di proprietà: dai Gonzaga agli Estensi, ai Giglioli, quindi feudo di Castellarano, ai Vallotta alla fine del 1700, quando contava 318 abitanti. A Roteglia (come a Campiano e al Pescale), in scavi iniziati dal Chierici nel 1864 e continuati da altri anche nel nostro secolo, sono stati rinvenuti parecchi reperti di civiltà paleolitica, dell’età del bronzo e dell’età romana, a testimonianza che la zona era abitata fin da tempi molto remoti. All’inizio del paese, venendo da Castellarano, sulla sinistra s’incontra l’oratorio di Santa Maria, di cui si ha notizia dal 1456. Distrutto nel 1545, fu riedificato nelle forme che conserva tuttora. Sempre sulla sinistra della via Radici, a sud-est del cimitero, si trova un antico mulino, alimentato da un canale di derivazione dal Secchia e dell’esistenza del quale si ha menzione in un documento estense del 1828 ed è pure citato nella carta idrografica d’Italia del 1888. Al centro del paese si trova la moderna Chiesa Parrocchiale, costruita nel 1956-58 su disegno dell’arch. Corradini e dell’ing. Spallanzani. A lato esiste ancora l’edificio dell’antica Chiesa, ridotto ad uso profano.
Dell’antico castello resta ben poco: una modesta costruzione munita di torretta. Nel borgo, in via della Rocca, esiste un fabbricato con due torri, che presentano caratteri riferibili al XV-XVI secolo.
Roteglia negli ultimi decenni ha avuto un forte sviluppo urbanistico industriale, artigianale e civile e merita una sosta per l’ospitalità dei suoi abitanti.